venerdì 13 gennaio 2017

Smear

La mia ultima riflessione linguistica riguarda la parola inglese `smear` che vuol dire, come nome, `macchia` e, come verbo, `macchiare, spargere, infangare (sia in senso fisico che metaforico, quindi anche relativamente alla reputazione)`. Tale parola ha la stessa radice del termine danese `Smørrebrød` (ossia un piatto tipico danese che consiste in una tartina di burro) che e` un termine composto che vuol dire ``butter and bread`` perche` il burro e` cio` che si spalma e brod ha chiaramente la stessa radice del termine inglese bread (pane). Da cio` si evince la relazione tra la lingua inglese e quella danese. Inoltre, la parola `smear` corrisponde precisamente al termine italiano volgare `smerdare` (sia nella forma, dato che entrambe cominciano con le lettere sm, sia nel significato, dato che vogliono entrambe dire ``infangare la reputazione di qualcuno``).

My last linguistic observation concerns the English word `smear` which means, as a noun, `spot` and, as a verb, `stain` (both in the physical and metaphorical sensse therefore also about reputation). This word has the same root as the Danish word `Smorebrod` (which is a typical Danish dish which consists in butter spread on bread) which is a term composed by ``butter and bread`` because the butter is spread and brod has the same root as the English word bread. Therefore we can establish a relationship between the English and Danish languages. Moreover, the word ``smear`` corresponds precisely to the Italian vulgar word ``smerdare`` (in the form, since they both start with letters sm, and in the meaning, since they both mean `` sully somebody`s reputation``).

lunedì 23 maggio 2016

Parti del corpo utilizzate per indicare caratteristiche mentali

Oggi, miei cari lettori, vorrei farvi soffermare su espressioni idiomatiche che, per estensione, utilizzano parti del corpo per indicare delle caratteristiche mentali:


Avere polso:fermezza
Avere cuore:pieta'
Avere testa:essere presenti...
Avere tatto:delicatezza
Avere occhio:avere spirito critico
Avere gola:essere buongustai
Essere in gamba:essere fattivo
Privo di spina dorsale: privo di coraggio
Avere culo:fortuna
Avere palle: coraggio
Mi faccio il culo: mi affatico
A cuor leggero: con leggerezza
Mi piange il cuore: sono triste
Col cuore in mano: con sincerita'
Ridere di cuore: ridere di gusto
Senza cuore: spietatamente
Legarsela al dito: serbare rancore
Toccare il cielo con un dito: essere al settimo cielo
Mangiarsi le mani: rimpiangere
Stringere i denti: andare avanti
Mettere il dito nella piaga: infierire
Non muovere un dito: non fare niente
Da capo a piedi: dall'inizio alla fine
Senza capo ne' coda: in maniera sconclusionata
Fasciarsi la testa prima di essersela rotta: partire prevenuti
Prendere a cuore: interessarsi a qualcosa
Braccino corto: essere tirchi
Senza peli sulla lingua: sinceramente
Avere i piedi per terra: essere concreti
Con la testa tra le nuvole: essere distratti
Mettere la testa a posto: diventare maturi
Ficcare il naso: farsi gli affari degli altri
Fare le cose con i piedi: fare le cose male
Essere fuori di testa: essere pazzi
Fare qualcosa senza testa: fare qualcosa senza pensarci
Mi fai venire il nervoso: mi irriti
A testa alta: con fierezza
Coi piedi di piombo: con prudenza
Avere polso:fermezza
Avere cuore:pieta'
Avere testa:essere presenti...
Avere tatto:delicatezza
Avere occhio:avere spirito critico
Avere gola:essere buongustai
Essere in gamba:essere fattivo
Privo di spina dorsale: privo di coraggio
Avere culo:fortuna
Avere palle: coraggio
Mi faccio il culo: mi affatico
A cuor leggero: con leggerezza
Mi piange il cuore: sono triste
Col cuore in mano: con sincerita'
Ridere di cuore: ridere di gusto
Senza cuore: spietatamente
Legarsela al dito: serbare rancore
Toccare il cielo con un dito: essere al settimo cielo
Mangiarsi le mani: rimpiangere
Stringere i denti: andare avanti
Mettere il dito nella piaga: infierire
Non muovere un dito: non fare niente
Da capo a piedi: dall'inizio alla fine
Senza capo ne' coda: in maniera sconclusionata
Fasciarsi la testa prima di essersela rotta: partire prevenuti
Prendere a cuore: interessarsi a qualcosa
Braccino corto: essere tirchi
Senza peli sulla lingua: sinceramente
Avere i piedi per terra: essere concreti
Con la testa tra le nuvole: essere distratti
Mettere la testa a posto: diventare maturi
Ficcare il naso: farsi gli affari degli altri
Fare le cose con i piedi: fare le cose male
Essere fuori di testa: essere pazzi
Fare qualcosa senza testa: fare qualcosa senza pensarci
Mi fai venire il nervoso: mi irriti
A testa alta: con fierezza
Coi piedi di piombo: con prudenza

giovedì 23 ottobre 2014

Moroso e Dimora

'Remora' che vuol dire 'ritardo' deriva dal latino 're' ossia 'addietro' e 'mora' ossia 'indugio'. E altre due parole che derivano sempre da 'mora' sono 'moroso' ossia 'colui che indugia lungamente' e 'dimorare' ossia 'abitare permanentemente in un luogo/paese' > 'dimorare' e 'moroso' hanno la stessa etimologia: il moroso e' una dimora!

giovedì 9 ottobre 2014

Bruno Citoni


Ho conosciuto Bruno Citoni a York esattamente un anno fa, tramite l'Italian Society, di cui ero la chair. La prima coincidenza è stata scoprire non solo che abitavamo entrambi a Roma, ma nello stesso quartiere, a poche strade di distanza. Poi abbiamo scoperto che avevamo gli stessi interessi: scrivere, sia testi che canzoni. E da lì è cominciata una comunicazione continua, finché un giorno io non gli ho proposto di parlare della sua musica, di come abbia cominciato a comporre canzoni ecc. E questo è quello che è uscito fuori:


'Sono convinto che tutto quello che facciamo come individui nasca da un’urgenza profonda.
L’urgenza di essere.

Ho cominciato a comporre che ero appena adolescente. E mi ricordo ancora che le prime volte che i miei amici mi canzonavano, letteralmente, a me non importava niente, perché non mi ero mai sentito così bene.
L’aver creato qualcosa che sarebbe rimasto nell’immaginario collettivo per il maggior tempo possibile mi faceva sentire vivo.
Ancora adesso, niente è come sentire amici soprappensiero mugugnare mozziconi di cose che ho scritto.
Perché significa che qualcuno di quei semi che ho sparso in questi cinque o sei anni, ed ho coltivato con lacrime e sangue, è germogliato nella vita di qualcun altro. L’arte è comunicazione.

Non è stato sempre così però. Quando cominciai ero ancora troppo immaturo per capire tutto questo, per rendermi conto di quello che stava succedendo.
Scrivevo per scrivere. E non c’era niente di vero in quello che scrivevo. Mi sedevo alla scrivania, davanti al computer e mettevo insieme note che non mi dicevano niente.
Poi è arrivata la prima chitarra, e mentre provavo a fare il barré, ed imparavo gli accordi a memoria, le cose sono cominciate a cambiare.

Le lettere, le note, hanno cominciato ad avere un senso reciproco, ad incastrarsi prima in parole, poi in versi, poi in strofe. Ma mancava ancora qualcosa. Il contenuto.
Erano ancora frasi vuote, non mie, seppur adagiate su una musica nuova, meno artefatta, derivata per la prima volta dall’approccio diretto con uno strumento come la chitarra invece che con il freddo schermo di un computer.

A questo, fortunatamente, ci ha pensato il tempo. Durante il liceo ho cominciato ad ascoltare musica nuova; ho scoperto gli Strokes, l'Indie britannico, e tutto quel panorama musicale ed artistico che mi ero lasciato scorrere addosso in quegli anni adesso improvvisamene si stava ripresentando come un'epifania.
Ho passato giornate intere a ascoltare musica, a suonare con diversi gruppi la batteria, a crearmi una identità musicale, finché un’estate non è arrivata Karolina. E solo adesso, scrivendo di tutto questo, mi rendo conto dell’impatto che ha avuto quell’esperienza sulla mia vita e su tutto quello che ho scritto di lì in poi.
Per la prima volta rigettai su un pezzo di carta tutto quello che avevo provato, e quello che venne fuori è la prima strofa di un testo. Un testo con dentro il Sonetto 130 di Shakespeare e tutte le mie emozioni.

“Karolina ha i piedi gonfi/
gonfi come avesse camminato/
una vita a piedi nudi sul selciato.

Karolina ha sulle labbra/
i segni di una guerra fredda/
combattuta senza esclusione di parole

eppure/
Karolina è/
tutto ciò che fa per me"


Da allora è stato un viaggio in discesa. Musicalmente parlando.
Perchè per quanto mi piacerebbe riuscire a scrivere quando sto bene, gli unici momenti, le cose che riesco ad esprimere meglio sono i sentimenti che mi fanno stare male, quelli che lasciano un segno. 
E mi rendo conto che, anche se in modi diversi, tutto quello che mi sento di condividere nasce con la speranza di far provare agli altri quello che ho provato io.

Così è nato “Cento giorni da pecora”.
Con la sola esclusione di “Karolina” (che rappresenta una eccezione anche rispetto alla cifra stilistica di tutti gli altri brani) tutto l'EP è nato da sentimenti che mi sono portato dietro, da Roma fino in Inghilterra, che hanno infestato la mia testa per mesi, e che ogni tanto sono riuscito a decifrare, a domare, ed a mettere nero su bianco. Sentimenti che sono morti nella mia bocca, incapace di pronunciarli, ma che sono rinati sotto forma di melodie acerbe, davanti allo specchio.
Melodie che ho mescolato con tutto quel' Indie/pop/rock/alternative italiano di cui mi sono nutrito in questi ultimi tempi tra i quali per esempio I Cani e L'orso, solo per citare i più influenti.

Mi riesce difficile quindi costringere queste canzoni in un singolo genere musicale, una sola etichetta, quando per me sono il risultato di mille stimoli diversi, provenienti da svariate direzioni.
Ma mi piace pensare di star facendo qualcosa di nuovo, “musica umile”.
Le mie canzoni non sono giardini pensili, né prati sfarzosi. Sono Myricae da coltivare, non per renderle più grandi, o più imponenti, ma più curate, più potenti nella loro semplicità.
Perchè è facile nascondersi dietro a convulsi tecnicismi, o assurde complessità.
Mentre invece quello che offro io con la mia musica è il mio cuore su piatto di carta, senza mistificazioni, senza accessorie distrazioni; sentimento puro, senza un motivo d'essere se non quello di germogliare nella testa di chi ha la pazienza di ascoltare'.

Per chi volesse ascoltare le sue canzoni questa è la sua pagina! https://www.facebook.com/pages/The-more-the-merrier/252732704852165?fref=ts



giovedì 11 settembre 2014

Scottish Independence Referendum


Edinburgh, September 2014

The Referendum for the Independence of Scotland is getting closer (there is only one week left until voters hand in their ballots). For this occasion the University of Edinburgh has organised a debate at the Hall of Teviot Building, a palace in perfect Harry Potter style. The queue to get into the Hall on the first floor is so long that there are even people standing outside the building. At 7 o’ clock the doors are opened and a mass of students take their seats in an orderly and quiet way.

In the middle of the stage there is the presenter of the night, a guy with big ears wearing a tie, who is the ex-chair of the Debating Society. On each of his sides there are two panellists, whose physical position on the stage reflects their political one: on the left Donald Smith, Director of the Scottish Storytelling Centre, and an exponent of the National Collective[1]; on the right two panellists from ‘Better Together’[2].

The question of the Referendum is: ‘should Scotland become independent or not?’. ‘It’s time for Scotland to grow up’ says the left-winger D. Smith. ‘Live it, not leave it’ say the panellists on the right. The four debaters present arguments for political, economical and cultural positions: constitution, democracy, equal distribution of wealth, the currency and the start up of a new economic system, identity and nationalism, Scotland in relation to the UK and the EU.

Creating and adopting a new constitution would cost a lot of money, which could be invested in better ways, such as health and education, according to the right; on the other hand, according to the left, a written constitution would finally define rights and obligations of Scotland towards the rest of the UK, finally preventing Westminster-the centre of the political British power- from exercising its hegemony above Scotland.

The main concern for the right is the economic situation in the case of Scotland becoming an independent country: not only the fact that the eventual currency has not been established yet represents a big uncertainty, but also the cost of living will increase, foreign companies will stop investing in Scottish multinationals and, in the worst scenario, Scottish economy will collapse: the oil provided by the Scottish land will not be enough to sustain an entire country for ever.

On the other hand, the left argues that the pound will remain the currency; the independence of Scotland will not stop foreign companies from investing into Scottish multinationals and taking advantage of them; Scotland has enough local resources to sustain the country: not only the highly-discussed oil which will last for decades, but also many other such as textiles, whisky, tourism etc.


 More importantly, the left, accused of being too patriotic, underlines that the independence of Scotland- not the Scottish independence!- is not a matter of identity, but of democracy: it will be the ‘fresh start’ of a new nation-no different from any other country- in which the wealth will be finally equally distributed between all the social classes, contrasting the privatisation and the capitalist dichotomy between rich and poor towards the British politics is leading.

Moreover, according to the right, the independence of Scotland would undermine its membership to the EU, but, according to the left, it is the opposite: the UK might not be part of the EU anymore, if Westminster continues on this political line; therefore, there are more probabilities for an independent Scotland to be part of the EU: Scotland is indeed more willing to stay in the EU than the rest of the UK and it has all the requirements to do that.

For the right party there is no relevant difference between a Scot, an Irish, an English or a Welsh, therefore there is no point for Scotland to be independent, left-wingers are just ‘patriotic utopians’. Moreover, it is always better to cooperate than to act alone, this radical ‘detachment’ will only have negative consequences: it will totally subvert the economic and political system, in a domestic and in a foreign dimension, so as to bring Scotland to the ‘cataclysm’.

Left-wingers are more positive and constructive, arguing that all the right propaganda is based on the fear of change, and accusing the conservative party of being scared by ‘innovation’. For the left, on the other hand, the referendum is an ‘unmissable’ occasion to revive and raise the cultural and working aspirations,  ‘valuing’ Scottish tradition, and allowing Scotland to emancipate from the dominant England and to finally walk on her own legs!

For me it’s funny not only to assist to the possible creation of a nation but also to be able to vote, despite of the fact that I arrived in Edinburgh two weeks ago! According to the law, in order to vote it is not necessary to be Scottish, but it is sufficient to live here. Moreover, even young people who have just turned 16 are allowed to vote. This legislation is done to encourage people to vote since voting is the most important right/duty that a citizen has got to express his/her opinion!



[1] The ‘National Collective’ is a non-party movement for artists and creatives who support Scottish independence.
[2] ‘Better Together’ is the main organisation representing those campaigning for a no vote in the referendum.

martedì 26 agosto 2014

Vizio Virtuale

E d'improvviso ebbi un'illuminazione: il 'virtuale', da me tanto deprecato e considerato origine dei miei vizi, deriva, in verità, dalla parola 'virtù'! E voi mi chiederete: 'qual'è l'anello di congiunzione tra 'virtuale' e 'virtù'?'. La 'vis' (ossia la forza)! La 'virtù' è infatti una forza morale e il 'virtuale' è tutto ciò che esiste solamente in potenza (vd. forza), ma non in atto.

(S)torto e Diritto

Osservando la parola 'contorto' mi sono resa conto che era scomponibile in 'con torto'. E allora ho pensato 'vuoi vedere che il 'torto' col significato di 'ingiustizia' deriva dal verbo 'torcere'?'. E poi allora ho pensato alla parola 'diritto', che vuol dire sia 'dritto' (ossia 'retto' in senso stretto) che 'ciò che è giusto' (ossia 'retto' in senso lato). E così ho convalidato la mia tesi iniziale: ciò che è storto è un torto, ciò che è dritto è un diritto.

N.B. Tale discorso si potrebbe ricollegare al 'right' inglese ossia 'diritto' e 'destra'. La destra è 'dritta' e la sinistra è 'contorta'.